2 Ora mi alzerò, e andrò in giro per la città,? per le strade e per le piazze;? cercherò il mio amore;? l'ho cercato ma non l'ho trovato.
3 Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata. Ho chiesto loro: - Avete visto colui che il mio cuore ama? -
Two Suns, secondo album di
Bat for Lashes – al secolo Natasha Khan – si apre con i versi di uno dei testi più ambigui e lirici del Vecchio Testamento, il
Cantico dei Cantici.
Ambiguo perché carico di
contenuti erotici e sensuali doppi sensi che sia il neocatecumeno cristiano che il kabalista intento a vivisezionare ogni singolo versetto delle sacre scritture nella ricerca dell’infinita corrente spirituale non si aspetterebbero di trovare. La canzone è “Glass” e inaugura con
un’aura di misticismo degna dei Current 93 più ispirati un’opera che sembra tutto e il contrario di tutto nel suo inglobare atmosfere, sonorità e influenze più disparate, o semplicemente accarezzando risultati di già nota meraviglia.
Il Cantico dei Cantici – conosciuto anche come il Cantico di Salomone, antico re d’Israele – è uno dei meghillot più celebri dell’ebraismo perché recitato in occasione della Pasqua ebraica, e viene ripreso in “Two Planets”, oltre la metà del disco, quando sarà più o meno chiaro che è proprio il numero 2 la chiave per la decodificazione del cuore di Natasha Khan. Esatto, nel bene e nel male, questo non è un disco che può essere compreso in tutte le sue sfaccettature e significati reconditi con tre ascolti superficiali, spezzati, distratti.
A partire dalla presunto allegorica copertina, Two Suns è pervaso di magia da cima a fondo: proprio la presenza della figura ormai mitologica di Scott Walker nel finale del disco appare come il segno di benedizione degli dei all’investitura di Natasha Khan quale nuova paladina dell’
art pop.
Ma non è certo occultismo o stregoneria quello che si diffonde fra le note delle undici canzoni, non è la ricerca del sangue reale l’obiettivo cantato. Piuttosto, Natasha sembra inseguire con la poesia il controllo su sé stessa e il mondo fisico in cui è incastrata la sua anima bipolare, a volte dolcissima amante, altre
arcana sirena incantatrice.
Cerca di connettersi all’energia dell’amore in questi racconti prevalentemente notturni o comunque ambientati al buio di due soli – e due lune - che non fanno altro che eclissarsi a vicenda, tanto che diventa dubbioso ogni evento accaduto nell’oscurità: “good love / past it last night in a dream / was that good love? / cause my heart caught fire / went up in flames”.
[...]
“Questo album è nato da due soli, due metà di cuore, gemelli celesti, un re ed una regina che si sono avvicinati e poi separati.”
Secondo i significati allegorici attribuiti al Cantico dei Cantici, l’amore fra questi due sposi è di origine divina: il re sarebbe il Creatore e la regina Israele, ovvero il suo popolo. Ma forse il senso di queste canzoni risiede maggiormente nel messaggio più generale e allo stesso tempo umano del Cantico: l'amore tra Due, se in grado di ripristinare l’originaria relazione col Creatore attraverso l’amore proattivo stesso, magari con la tecnologia della Kabbalah per invocare il nome di Dio, ha il potere di sottrarre da qualunque situazione drammatica, nella vita e nella morte. L’amore svincola dalla paura e l’incertezza, riportando i Due al
giardino dell’Eden, ritornando alla condizione di Adamo ed Eva.
Non male come eccesso di interpretazione. Ma fossero solo canzoni di banale gusto estetico, non saremmo qui a cercare di decodificarle. La traduzione e il commento dovrebbero spettare solo agli
atti di bellezza. E Two Suns merita anche gli eccessi di interpretazione.
D.S.